Un itinerario spirituale

di Mariano Bigi

 

Se il trascorrere del tempo rappresenta senza dubbio un rimedio per le lacerazioni affettive e spirituali che la morte opera in chi sopravvive, è altrettanto certo che al cristiano questa sola consolazione non può bastare; per quanto difficile possa sembrare (e certamente lo è), è coessenziale alla nostra fede guardare anche alla morte in un atteggiamento di ringraziamento e di lode al Dio della vita e della speranza.

Per questo, nel primo anniversario della scomparsa di Padre Luigi, non voglio insistere sul rimpianto profondo che, come un’eco ampia e sommessa, ancora ci avvolge; cercherò piuttosto di cogliere l’invito, che ancora ci giunge dalla memoria della sua persona e della sua esperienza, a percorrere col passo alacre della speranza il nostro cammino di cristiani e di francescani.

 

Fede vissuta come testimonianza e azione pastorale

Mi pare che in Padre Luigi l’atteggiamento di fede prevalesse nettamente su ogni altro aspetto della sua personalità; la cultura, la robustezza del pensiero, la capacità sia di riflettere che di decidere, l’entusiasmo unito alla volontà sono tutte qualità che in lui vanno comprese alla luce della fede che scaturiva dalla profondità del suo essere e che segnava incisivamente la sua azione di uomo, di religioso e di sacerdote.

Era una fede robusta, radicata in salde radici familiari, temprata dall’esercizio sereno della disciplina della vita religiosa, dalla consuetudine e dall’intensità della preghiera, dal desiderio di Dio, venato anche di tensioni mistiche.

Sarebbe stato facile per lui orientare questa fede esclusivamente verso la ricerca teologica o verso la conoscenza esperienziale di Dio; la indirizzò invece, senza sacrificarne in nulla la saldezza ed il valore delle motivazioni, verso la testimonianza e l’azione pastorale, verso la cura spirituale dei fratelli. Si è trattato di una scelta schiettamente francescana, coerente in quanto le fonti francescane ci dicono sia sul valore concreto e personale, sia sull’atteggiamento di Francesco nei confronti scienza, anche di quella teologica. Dice in proposito la Leggenda perugina (FF, 1628): «A tutti i frati che venivano a consultarlo sgomento, dava la stessa risposta. E diceva: “Tanto un uomo sa quanto fa; e tanto un religioso è buon predicatore, quanto lui agisce”. Come dire: l’albero buono si conosce al frutto che produce (cf. Le, 6,44).

La capacità di padre Luigi di agire con quel ritmo unico che tutti abbiamo sperimentato non era pertanto a un livello inferiore o in posizione contraddittoria rispetto all’attitudine ad essere, sia sul piano pastorale che su quello della vita fraterna, un maestro ricco di dottrina, di disponibilità caritativa all’ascolto, di finezza spirituale; neppure si trattava soltanto di sapere conciliare due aspetti diversi della  personalità (che sarebbe pur sempre un fermarsi al livello della psicologia), ma della risposta abbracciata e perseguita costantantemente.

Così come apparteneva alla vocazione francescana l’entusiasmo trascinante con cui viveva (e faceva vivere) le diverse esperienze vita fraterna di cui ha avuto la responsabilità, con i laici come con i religiosi, a livello regionale o nazionale e internazionale.

 

Testimone della speranza

II famoso «Tutt’a posto», con cui concludeva spesso le sue conversazioni (frequentemente di primo mattino, quelle telefoniche per risparmiare tempo e denaro...), anche se non corrispondeva sempre con esattezza alla realtà, non può essere scambiato per una forma di ottimismo ingenuo o per esemplificazione dei problemi; va considerato invece come una testimonianza della speranza che scaturisce dalla fede, che ne esprime all’esterno il libero e imprevedibili dinamismo; anche se l’impresa è umanamente complessa, il sostegno possono darle la fede e la speranza la colloca su un piano diverso la fa considerare in un’ottica diversa. Così viene ripreso e reso attuale l’insegnamento di Péguy: «Si dimentica troppo... che la speranza è una virtù, che è una virtù teologale, e che di tutte le virtù, e delle tre virtù teologali, è forse la più gradita a Dio... E’ lei che trascina tutto. Perché la fede non vede che quello che è, e lei vede quello che sarà.

La carità non ama che quello che è, e lei ama quello che sarà».

Certamente, a seguire queste ardite linee di comportamento, si può essere considerati dei sognatori e degli imprudenti; ma occorre avere presente anche la forza spirituale che è necessaria per una vita e una testimonianza di fede; soprattutto si corre il rischio di non valutare adeguatamente di quanta altra speranza e fede sia segretamente generatrice questo renderne testimonianza. Presumo di potere dire, non solo per quel che riguarda me, ma anche molti altri, che la testimonianza di Padre Luigi è stata senza dubbio contagiosa.

 

Una grande coerenza interiore

Vissuta in questa dimensione di fede che si lascia guidare dalla speranza, la vita di padre Luigi appare segnata da una grande coerenza interiore, rivela la scelta di un modo di essere e la fedeltà a questa scelta; un modo di vita giocato sulla disponibilità piena alla volontà di Dio, un lasciarsi portare da lui anche sui crinali più impervi e spericolati della assoluta libertà spirituale, un abbandonarsi fiducioso e senza calcoli umani. Anche la sua morte, allora, diventa comprensibile e perde quel carattere amaro che le ha impresso la tragicità del fatto. Mi piace pensare che in quegli attimi estremi il volto di Dio  gli sia apparso in una dimensione non solo misericordiosa, ma paterna; come gli dové comparire agli inizi della sua vocazione e come lo ha testimoniato nella sua missione di religioso e di sacerdote.

È in questa prospettiva che possiamo ricordare i momenti vissuti con lui, rileggere le sue pagine, risentire le sue parole non come la rievocazione di un bene perduto e rimpianto, ma come invito a vivere secondo fede e speranza.

 

 (Campania Serafica. 26 (1994), 2, pp. 12-13).