GIOVENTU’ FRANCESCANA – NAPOLI
CORSO DI FORMAZIONE
DESTINATARI: Consiglio Regionale
Consigli Locali
Due rappresentanti delle fraternità
TEMA: ANIMAZIONE ED ANIMATORI
RELATORE: Fra’ Luigi Monaco
1a RELAZIONE
Parliamo di “formazione dell’animatore” : vuol dire quindi che l’animatore non c’è ancora. Prima però di definire questo ruolo, dobbiamo sapere dove tendere, quale è il nostro scopo….
Ecco allora la definizione di ANIMAZIONE:
ANIMAZIONE vuol dire “dare l’anima” e dare l’anima vuol dire “dare vita” in
quanto l’ANIMA E’ IL PRINCIPIO
VITALE.
Noi siamo uomini e donne in quanto abbiamo un corpo informato dall’anima (Nostro Volto n.1 – forma di vita). INFORMATO non nel senso di “modificato” ma nel senso di “calato in una forma” (es: i cubetti di ghiaccio).
Noi ci caliamo in Cristo e quindi diventiamo “nuove creature”. La nostra “forma” è Cristo; S. Francesco è “Cristiforme” perché si cala in Gesù Cristo, si fa abitare da Lui.
“Dare l’anima” vuol dire proprio questo: entrare nella persona in modo tale che questa persona deve poi vivere secondo l’anima che io gli do, gli offro.
Ma se quest’anima non la possiedo, non la posso donare: il motivo per cui mancano gli animatori è perché mancano le persone che “possiedono un ‘anima”.
Dare l’anima: un sostegno vitale!!!!
Quindi non è dare le notizie, non è informare, quanto piuttosto è un sostegno vitale e quindi un riferimento esistenziale.
“Sostegno vitale” vuol dire che l’animatore diventa per il resto della fraternità, il centro fondamentale capace di donare tale “sostegno vitale”.
Se questo “sostegno vitale” manca; se un “riferimento esistenziale” non c’è , la nascita e la crescita di questa realtà di fraternità è gravemente compromessa.
Abbiamo parlato di riferimento e di appartenenza ed, a questo proposito, è opportuna una puntualizzazione che ci porti a comprendere bene le differenze che esistono tra “gruppo di riferimento” e “fraternità di appartenenza” .
Per molti la Gi.Fra. è ancora un gruppo di riferimento e non una fraternità di appartenenza….
Cosa significa “gruppo di riferimento”?
Significa che domina la simpatia e si va in fraternità quando si ha tempo; si sa che esiste la fraternità, ci si riferisce a quel luogo, a quelle persone. Questo non significa “appartenere”, “essere Gi.Fra.”.
Piuttosto, “gruppo o fraternità di appartenenza” vuol dire sentirsi responsabili di tutte le espressioni e non soltanto all’interno della fraternità e della vita di fraternità, ma in ogni momento della nostra esistenza.
ANIMAZIONE è dare uno scopo, e perciò RAVVIVARE UNA FINALITA’, la finalità per cui si sta insieme.
Di tanto in tanto, il Consiglio, che interpreta e rappresenta l’Assemblea, deve chiedersi: “Perché stiamo insieme?” , ricordare qual’ è il motivo fondamentale.
Infatti, in fraternità, si dimentica con il tempo i motivi fondamentali per cui si sta insieme.
ANIMARE è “fare memoria” di questo motivo fondamentale e perciò “ravvivare le finalità”. “riproporre un’idea” per cui si sta insieme.
Invece, purtroppo, molti traducono: Animazione uguale ad Organizzazione” per cui se le attività hanno successo, tutto va bene, ma è solo l’aspetto esterno o meglio il frutto che dovrebbe venire dall’albero.
Animare non è uguale ad organizzare, animare è dare una vita. E spesso la vita che si da è invisibile per cui i frutti si devono attendere con molta pazienza, talvolta con molta sofferenza.
Veniamo ora alla formazione dell’animatore.
Dunque, l’animatore non esiste però sappiamo cosa dovrebbe fare; qui c’è il traguardo, lo scopo, il motivo, la finalità.
Come deve essere e formarsi l’animatore per tradursi o cercare di tradursi in “coscienza critica”, “presenza profetica” all’interno della fraternità?
Innanzitutto ci vuole la convinzione che:
L’ANIMAZIONE E’ UN SERVIZIO DELLA FRATERNITA’ (vd.sch.lett.A) e perciò non è un successo personale.
Animare comporta “pazienza e sofferenza”: è un lavoro, talvolta incompreso immediatamente ma da vivere esclusivamente come “servizio”.
Spesso l’animatore (il Consigliere della fraternità) è soggetto alla tentazione di rinuncia al particolare servizio di “animazione”, a tutti noi è venuta la tentazione della “fuga facile” di fronte ad una “presenza difficile”.
Ciò che deve muovere l’animatore è la “COSCIENZA DI METTERSI AL SERVIZIO”.
Per la formazione dell’animatore c’è bisogno della compresenza di “coscienza” ed “autocoscienza”.
Esame al livello individuale: son capace? Quasi tutti riteniamo di non essere capaci di animare e ciò è vero (coscienza). E’ vero che non sono capace ma posso diventarlo (autocoscienza). Come? Attraverso la formazione e la preparazione .
L’esame a livello individuale e tecnico (non son capace ma posso
diventarlo formandomi = COSCIENZA ED
AUTOCOSCIENZA) porta di riflesso, ad un esame a livello psicologico perché noi trattiamo con gli altri e
perciò abbisogna che l’animatore abbia “una conoscenza minimale della vita
dei gruppi”.
Minimale in quanto noi francescani non dovremo mai essere soprattutto dei “tecnici” bensì soprattutto dei “fratelli”, ed il mistero del fratello o della sorella che mi trovo di fronte deve annullare ogni tecnica, la quale può essere solo di sostegno e non già di soluzione finale.
Ecco perché diventa vitale per una fraternità OFS – Gi.Fra. la presenza di poveri o handicappati, mentali e fisici. Perché?
In effetti dovremo allontanarli in quanto non possono fare il nostro cammino, però sotto il profilo di fraternità ( e Francesco ci ha raccomandato una fraternità universale) dobbiamo accogliere tutti.
La conoscenza è minimale perché non è detto che la conoscenza piena della “dinamica dei gruppi” (psicanalisi, training group, ecc.) o “individuale” risolvano tutti i problemi. Talvolta, accade il contrario: i più bravi teorici si rivelano pessimi operatori.
E’ evidente che in questo cammino
di formazione dell’animatore la meta da raggiungere è: dare
l’anima;
ravvivare le finalità;
entrare nelle persone per ricordare la promessa fondamentale;
è tale da mettere in luce delle
persone che si riscoprono con delle attitudini particolari. (vd.sch.2 A).
In ogni attimo della vita,nella scelta dello studio, delle letture, dell’abbigliamento, vediamo che siamo guidati da “inclinazioni e preferenze personali”. Quindi, ci sono realtà laddove in questo iter (cammino) di formazione, ci sono persone “ANIMATORI”,soggetti che cercano di arrivare a questo scopo con caratteristiche più spiccate di altri.
Di solito, di ciò il soggetto non se ne accorge (salvo che se è un leader diretto) ma è la stessa fraternità che se ne accorge per cui nelle elezioni (ed è giusto) non sempre è eletto il migliore, spesso è eletto l’uomo più equilibrato, la persona che ha più disponibilità a capire gli altri che solitamente non corrisponde con il più tecnico.
In questo cammino, quindi ci
sono: disposizioni innate;
attitudini specifiche;
cioè persone capaci di intuire subito un problema, di proporre nel gruppo portando idee chiare anche senza una preparazione particolare, capaci di ribattere alle controproposte, proporre alternative, ecc…
Ma, accanto alle disposizioni innate, l’animatore ha anche delle disposizioni acquisite.
Si torna allora all’esame a livello tecnico perché le disposizioni innate quando non sono coltivate prima o poi sono destinate ad esaurirsi e a non produrre frutti (Parabola dei Talenti).
In genere, il momento delle dimissioni o della rinuncia di un animatore ad un determinato servizio è il tempo critico in cui le disposizioni innate non vengono sviluppate da una progressiva acquisizione.
Al contrario, chi ha disposizioni innate le coltiva, quindi coniuga l’innatismo con l’acquisizione, non può rifiutarsi di servire la fraternità. Spesso, anzi, l’animatore non può dire NO, non può rinunciare, perché la sua rinuncia mette in crisi tutte le situazioni ad essa collegate.
Non possiamo rinunciare perché sono gli altri ad affidarci un tale compito e dobbiamo, con la preoccupazione di una nuova ACQUISIZIONE, sviluppare le disposizioni innate attraverso corsi, incontri, attività di formazione…
Come si manifestano le disposizioni acquisite?
Attraverso EQUILIBRIO e DISPONIBILITA’.
Bisogna convincere il soggetto che è capace, bisogna dare fiducia: quante persone hanno cominciato con timidezza (ed è il modo migliore) non presumendo troppo di se stessi, con umiltà e poi sono divenuti animatori completi; al contrario, quanti partiti con grandi velleità, si sono poi persi per strada….
C’è bisogno di equilibrio e disponibilità unite ad una cultura generale e soprattutto ad un’attenta visione del mondo e della vita.
L’animatore deve avere: una concezione filosofica dell’esistenza , non può dire parole agli altri, né raccontare sciocchezze e quindi non può disgiungere il suo credo dal suo agire (il buon esempio).
Tutto ciò perché l’Animatore non deve offrire la notizia come spesso avviene purtroppo in molti nostri incontri fraterni che vantano un calendario di attività, bensì offrire una visione di vita, una riflessione su un fatto accaduto, concetti ed opinioni sulla realtà del mondo e della vita.
L’animatore deve avere dunque: coscienza critica della realtà;
concezione filosofica e teologica dell’esistenza.
Se non ha una concezione su quello che accade e su quello che si deve fare, agli altri può offrire solo notizie ma non il Vangelo come gli è chiesto.
Accanto a questa realtà c’è bisogno che l’animatore abbia intuizione e creatività;
Egli deve essere continuamente in grado di inventare la vita della fraternità.
Quindi l’animatore deve offrire CREATIVITA’, cioè un’invenzione costante sulla realtà, sul modo di essere e di fare.
Tutto questo però senza cadere in pericolose forme di attivismo. A volte, alcuni animatori (anche Presidenti locali) vanno in crisi perché la fraternità non fa molto, non bisogna agitarsi perché la vita ella fraternità non si misura dal “fare” quanto piuttosto dalla “concezione mentale” che suscita nel singolo la fraternità stessa.
Animare dunque significa offrire una concezione mentale, una vita che cambia e si rinnova di continuo e porta il singolo ad una vera conversione lenta e progressiva.
L’azione è solo lo stadio finale, non determinante e a volte ingannevole dell’animazione.
Intuizione e creatività quindi, che tuttavia non devono diventare “ossessione” (..che fare? …cosa organizzare?..) spasmodica. Spesso deve essere il VANGELO o IL NOSTRO VOLTO ad aiutarci a capire come crescere, cosa proporre, dove e come operare …. (S. Francesco, prima di ogni decisione, si faceva guidare dal Vangelo).
Maggiore deve essere la nostra attenzione a IL NOSTRO VOLTO non solo per quello che riguarda la parte organizzativa, ma soprattutto per la parte metodologica ed identificativa.
E’ evidente che, per raggiungere questo scopo bisogna conoscere ciò che si vuole e lì dove si vuole portare il gruppo.
Non si può inventare il “programma” settimana per settimana e l’Assemblea regionale d’inizio anno ha proprio lo scopo di interrogarsi sui programmi dell’anno che inizia sì da rendere un autentico servizio a tutte le fraternità.
Bisogna evitare quindi le interpretazioni personalistiche dell’animatore perché lui non può gestire da solo e in proprio la vita della fraternità !!!!Tutt’altro!
Infatti, ciò che rende obbediente la fraternità è un richiamo ai valori che superano l’individuo.
Si crede all’animatore in quanto egli è capace di annunciare il Vangelo, davanti al quale si è tutti alunni.
In politica, ad esempio, è differente: il politico annuncia la sua visione personale mentre l’animatore non deve offrire la sua visione se non in relazione alla visione di vita che supera la sua.
La nostra forza non proviene da ciò che diciamo, ma dalla fonte a cui attingiamo. Ma come si fa a filtrare una verità obiettiva senza il contributo personale?
E’ chiaro che il contributo personale c’è sempre: Francesco d’Assisi legge il Vangelo e lo interpreta secondo il proprio stile.
Ciò che muta è lo stile dell’animatore, attraverso il quale, pur proponendo la stessa verità, f inclinare alcuni verso i neo-catecumenali, altri verso i focolarini, e così via.
Per l’animatore è importante appellarsi a di valori che superano il contingente, che sono al di là dell’animatore stesso. Bisogna far capire che la PROMESSA la si fa a dei valori precisi dello Statuto e quindi la fede non nell’animatore che ricorda all’Assemblea ciò che essa stessa ha promesso.
L’ANIMATORE deve cercare, attraverso un filtro di fedeltà personale di rendere evidente il NOSTRO VOLTO che tutta la fraternità, insieme con lui, ha accettato di vivere e testimoniare.
In ogni caso, bisogna stimolare il singolo perché cresca nel gruppo e far si che il gruppo non mortifichi il singolo. Non esiste un gruppo che procede bene con dei singoli che vanno male.
Bisogna agire rispettando gli altri come persone e qui entra in gioco il rapporto interpersonale.
E’importante mettersi in discussione ogni volta sapendo agire sui tempi lunghi. Il bravo animatore non ha mai paura di perdere la battaglia perché sa che vincerà la guerra !!!
Tutto ciò però se fonda il suo animare sui valori.
Qual è lo stile dell’animatore?
Sappiamo ciò che si deve fare: ANIMARE, cioè dare vita per arrivare ad una finalità.
Esistono delle idee in noi stessi da sviluppare. Alcuni hanno capacità innate che vano però consolidate da capacità acquisite. L’animatore propone valori, cioè ciò che ha persistenza, ciò che esiste di per sé.
GESU’ CRISTO E’ IL VALORE PER IL QUALE DOBBIAMO VIVERE!!!!!
L’animatore quindi deve coinvolgere ma anche:
“impegnarsi in prima persona”. A volte c’è bisogno che sfidi gli scontenti e dia la possibilità all’Assemblea, per un tempo ristretto, di farsi un programma, mettendola così alla prova.
L’animatore deve avere una”conoscenza di se stesso” a livello emotivo, culturale, religioso, affettivo, in altre parole deve “educarsi per educare”.
Qui entrano in gioco le responsabilità personali. Bisogna quindi avere autocontrollo e stare attenti alle proprie scelte perché gli altri si aspettano un’anima, una motivazione. Bisogna conoscere degli altri, se è possibile, età, situazioni, rapporti tra singoli e gruppo….la storia dei destinatari.
Ecco perché per i nuovi il primo impatto con la fraternità dovrebbe avvenire con gli animatori, con il Consiglio.
Una volta conosciuta la storia degli altri, non dobbiamo però arrivare a delle conclusioni stereotipate.
Evitiamo le generalizzazioni: la nostra cultura di dinamica di gruppo non deve portarci a schematizzare le persone.
Per l’animatore bisogna che ci sia una formazione permanente, è necessario l’aggiornamento, essere presenti senza mortificare, delegare con diligenza e sensibilità.
Infatti, il buon animatore dà fiducia ai soggetti che sono “senza fiducia”. E’ la formazione permanente che ci insegna a fare questo.
ANIMAZIONE ALL’INTERNO DELLO STATUTO GI.FRA.
Questi gli animatori stabiliti
all’interno dello Statuto: l’Assemblea
Il
Consiglio
Il Presidente
Il P.Assistente
Questi sono i “soggetti dell’animazione”.
Concludendo, l’animatore è tale perché anima, cioè fa animazione. E’ l’animazione non è una patente da tenere in tasca, né una laurea che dimostra la nostra maturità culturale.
L’animatore è tale perché capace di vivere i valori che ha accettato e di proporli ad altri.
E’ colui che non da sé stesso
ma, attraverso sé stesso, dà la fonte che sostiene sé stesso, cioè il
Cristo.
Pertanto, animare significa “mediare la grazia e la volontà di Dio su di noi e renderla pubblica”.
Quindi, per noi, animare è proclamare con la nostra esistenza il Vangelo!!!!